neurogenesi
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Sei quello che mangi ma prima sei quello che bevi

Conoscete il vecchio adagio “sei quello che mangi”? Molti di voi probabilmente sì. Bene, la ricerca scientifica degli ultimi anni vi ha attribuito un nuovo significato. Difatti, la nostra alimentazione sembra giocare un ruolo fondamentale anche in quel processo – definito appunto neurogenesi – attraverso il quale produciamo nuovi neuroni. Un’alimentazione ricca di cibo per il cervello sembra capace di promuovere questo meraviglioso processo naturale e quindi di intervenire potenzialmente nel riparare alcuni dei danni causati dalle malattie.

Cos’è la neurogenesi: definizione

La neurogenesi è il meccanismo biologico grazie al quale il nostro cervello può adattarsi alle esigenze della vita. E che ci consente di sostenere l’apprendimento di nuove abilità. Il cervello può invecchiare con grazia, poiché ogni giorno nuovi neuroni lavorano per sostituire i vecchi che inevitabilmente muoiono. La neurogenesi riveste anche un ruolo cruciale nel contesto delle malattie neurodegenerative.

Questo processo continua a verificarsi nei pazienti con malattia di Huntington (neurodegenerativa rara, ereditaria) e, di fatto, aumenta con il progredire del problema. Si ritiene che questo aumento sia il tentativo del cervello di ripararsi in risposta alla diffusa morte neuronale causata dalla malattia. In questi casi la neurogenesi solitamente non avviene abbastanza velocemente per contrastare il danno.

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Come sostenere la neurogenesi

È possibile che una dieta, o meglio un sano stile di vita, possa promuovere la neurogenesi e possa aiutare a contrastare alcuni dei deficit riscontrati dai pazienti con malattie neurodegenerative? Alcuni ricercatori hanno esplorato il modo in cui la dieta può influire sulla neurogenesi e hanno scoperto una serie di nutrienti e uno stile di vita alimentare che possono svolgere un ruolo determinante.

Uno dei principali filoni di ricerca sulla correlazione tra dieta e neurogenesi si è concentrato sulla restrizione dietetica (DR). Nei ratti e nelle scimmie, la DR aiuta a proteggere dalle malattie legate all’età come cancro, diabete, malattie neurodegenerative e cardiovascolari.

Si ritiene che la DR produca questi effetti benefici condizionando le cellule a proteggersi meglio. La DR induce un lieve stimolo stressogeno che spinge le cellule a esprimere i geni protettivi e a produrre proteine ​​utili ad affrontare condizioni di stress anche più elevato, come quello che si presenta in molte situazioni neurodegenerative quali Alzheimer, Parkinson, Sclerosi Multipla e Huntignton.

 

Il contributo della restrizione dietetica

Sembra che la DR possa aiutare i pazienti con condizioni neurodegenerative promuovendo la neurogenesi. La DR aumenta la neurogenesi adulta nei giovani ratti adulti e riduce il declino della neurogenesi correlato all’età nei topi più anziani.

Inoltre, la DR stimola la neurogenesi nell’ippocampo, una regione del cervello importante per la memoria. La DR provoca anche un aumento dei livelli di fattore neurotrofico cerebrale (BDNF), una proteina dimostratasi capace di aiutare i neuroni appena nati a sopravvivere.

Un’altra linea di ricerca sulla correlazione tra dieta e neurogenesi ha invece studiato l’effetto dei nutrienti dietetici sulla nascita di nuovi neuroni. Numerosi antiossidanti, come flavonoidi, vitamina E e curcumina, sembrano aumentare la neurogenesi nel cervello dei roditori.

 

Cosa sono e a cosa servono i flavonoidi

Presenti nel cacao e nei mirtilli, sono sostanze che aumentano la neurogenesi nell’ippocampo dei ratti stressati. La vitamina E – di cui sono ricchi oli vegetali, frutta a guscio e verdure a foglia verde – aiuta le prestazioni neurologiche nei topi che invecchiano. La curcumina può aumentare la neurogenesi nell’ippocampo dei roditori attivando la via di segnalazione cellulare Keap1-Nrf2 fondamentale nella risposta allo stress.

L’epigallocatechina-3-gallato (chiamata EGCG), sostanza che promuove la neurogenesi nell’ippocampo ed ha dimostrato di ridurre il danno da stress ossidativo nelle malattie neurodegenerative. L’EGCG potrebbe anche combattere direttamente il danno della Malattia di Huntigton, poiché è stato dimostrato che rallenta la velocità con cui la forma mutante della proteina huntingtina genera le placche che si pensa danneggino il cervello.

Anche gli acidi grassi omega-3, presenti nelle alghe rosse e nei semi di lino, potrebbero contribuire alla neurogenesi e ridurre il declino cognitivo visto con l’invecchiamento e le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.

 

Il legame tra acqua e neurogenesi

Affinché la neurogenesi avvenga sono richiesti ulteriori elementi, ovvero una o più attività funzionalmente rilevanti (attività motoria, nuove abilità da apprendere, studio, etc.) e un microambiente in cui vi siano disponibili fattori specifici che consentano la crescita, la differenziazione e l’integrazione di nuovi neuroni. Il microambiente specifico, definito nicchia, è quel microambiente che fornisce i segnali necessari per mantenere e controllare la proliferazione e la differenziazione delle cellule precursori.

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L’elemento primario per questo microambiente?

L’acqua. Una condizione di disidratazione è causa di morte cellulare programmata o apoptosi di un’ampia varietà di cellule, inclusi i neuroni. Le cellule che costituiscono i nostri corpi sono per lo più costituite da acqua. Circa il 65% di una cellula è acqua. In termini di massa corporea totale, i bambini sono i più “succosi”, essendo composti per il 75% di acqua; gli adulti magri contengono il 60% di acqua.

Mentre gli anziani contengono solo il 50% di acqua. Durante l’evoluzione, le cellule di tutti gli organismi si sono evolute per funzionare in modo ottimale in un ambiente prevalentemente acquoso. Variazioni significative nel contenuto cellulare di acqua sono capaci di concentrare o diluire le componenti molecolari sino a impedirne la normale funzione. Pertanto, le cellule devono regolare la quantità di acqua che entra ed esce attraverso la loro membrana plasmatica al fine di regolare la concentrazione citosolica di soluti, ioni, elettroliti, proteine ​​e acidi nucleici.

Per far fronte alle continue richieste metaboliche, rispondere alle variabili condizioni circostanti e mantenere un volume costante, le cellule devono scambiare acqua rapidamente tra il loro citoplasma (acqua intracellulare) e l’ambiente esterno (acqua extracellulare).

 

Come avviene il movimento dell’acqua

È un movimento da fuori a dentro le cellule e viceversa. La Natura non ha lasciato nulla al caso. Nel 1992 Peter Agre e i suoi colleghi alla Johns Hopkins University di Baltimora, mentre stavano lavorando sulla membrana dei globuli rossi scoprono il “primo” canale dell’acqua, che chiamano CHIP28 ed ora noto come Aquaporina 1. Per questa scoperta eccezionale il Prof. Agre riceve il Premio Nobel per la chimica nel 2003.

Acquaporina: Struttura di una subunità proteica del porocanale

Le acquaporine svolgono ruoli critici nel controllo del contenuto d’acqua delle cellule e, in alcuni casi, facilitano il trasporto di altri piccoli soluti attraverso la membrana. Attualmente sono note 13 acquaporine nei mammiferi, distribuite nella maggior parte dei tessuti, e molte altre sono state identificate negli organismi inferiori e nel regno vegetale.

Nella specie umana le acquaporine sono coinvolte in processi come l’omeostasi dei fluidi corporei, la funzione cerebrale, la visione, l’udito, la secrezione ghiandolare, la fertilità maschile, l’idratazione della pelle, la concentrazione delle urine. Attualmente il loro coinvolgimento in altre funzioni, tra le più importanti del corpo umano, è sottoposto a un intenso controllo scientifico.

 

Acquaporine nel processo di neurogenesi

In questo articolo voglio darvi un breve cenno sul coinvolgimento delle acquaporine nel processo di Neurogenesi, che come molti di voi sanno è l’argomento che più mi entusiasma. Nel Sistema Nervoso Centrale le acquaporine più diffuse sono l’Aquaporin-1 (AQP1) e l’Aquaporin-4 (AQP4).

Entrambi le proteine sembrano essere i principali regolatori dell’omeostasi del liquido cerebrale in salute e in condizioni patofisiologiche. L’AQP4 è il canale dell’acqua più abbondante nel cervello, nel midollo spinale e nel nervo ottico e controlla l’omeostasi dell’acqua cerebrale.

Un numero crescente di condizioni neurologiche è ora associato a un’alterazione nell’espressione o localizzazione dell’AQP4. Uno squilibrio nell’omeostasi dell’acqua nel cervello è stato associato a condizioni patologiche come trauma cranico e ictus. Prove crescenti suggeriscono che l’AQP4 è anche coinvolta nell’infiammazione cerebrale, nella clearance del fluido glinfatico, nella plasticità sinaptica, nella formazione della memoria, nella regolazione del volume dello spazio extracellulare e dell’omeostasi del potassio.

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Il ruolo dell’AQP4

Il knockout dell’AQP4 inibisce notevolmente la formazione del fattore neurotrofico derivato dalle cellule gliali (GDNF), una piccola proteina che promuove con forza la sopravvivenza di molti tipi di neuroni. Gli astrociti nei topi con deficit di AQP4 hanno livelli ridotti di trasportatore del glutammato (GLT-1) così come anche una riduzione della clearance del glutammato, che a sua volta influenza la plasticità sinaptica e la memoria.

È interessante sapere che AQP4 interagisce anche con altri fattori di crescita nervosa e che la sua diminuzione porta all’elevazione di fattori infiammatori. Insomma, le AQP4 sembrano proprio avere un ruolo fondamentale anche nella neurogenesi. A questo punto la domanda da farsi è:

“Come ottimizziamo la quantità di AQP4 nel nostro SNC?”.

Contrariamente a quanto si crede e si vuol far credere, la salute è un concetto fondato su elementi semplici. Tanto semplici da esser banalizzati e disattesi molto spesso. Anche le AQP4 rispondono a questo criterio, inesorabilmente. Vi piacerebbe avere il giusto numero di AQP4 necessario a sostenere la neurogenesi? Bevete acqua nelle quantità adeguate e necessarie alla vostra fisiologia. Semplice. Ma non facile.

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